CASSAZIONE CIVILE ANNO 2020

CASSAZIONE CIVILE 2020: CONDOMINIO

GENNAIO

In tema di condominio il diritto reale d’uso istituito in favore di una persona giuridica, a mente degli artt. 1026 e 979 c.c., non può superare il trentennio. Né può ipotizzarsi la costituzione di un uso reale atipico, esclusivo e perpetuo, che priverebbe del tutto di utilità la proprietà e darebbe vita a un diritto reale incompatibile con l’ordinamento.
Cass. Civ., Sez. 2, 09/01/2020, n. 193

La fattispecie del condominio parziale, che rinviene il fondamento normativo nell’art. 1123, comma 3, c.c., è automaticamente configurabile “ex lege” tutte le volte in cui un bene risulti, per le sue obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato oggettivamente al servizio e/o al godimento, in modo esclusivo, di una parte soltanto dell’edificio in condominio, rimanendo, per l’effetto, oggetto di un autonomo diritto di proprietà e venendo meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene; ne consegue che i partecipanti al gruppo non hanno il diritto di partecipare all’assemblea relativamente alle cose di cui non hanno la titolarità e la composizione del collegio e delle maggioranze si modifica in relazione alla titolarità delle specifiche parti oggetto della concreta delibera da adottare.
Cass. Civ., Sez. 2, 16/01/2020, ordinanza n. 791

Il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell’edificio, previsto dall’art. 1127, comma 2, c.c., va interpretato non nel senso che la sopraelevazione è vietata soltanto se le strutture dell’edificio non consentono di sopportarne il peso, ma nel senso che il divieto sussiste anche nel caso in cui le strutture sono tali che, una volta elevata la nuova fabbrica, non consentano di sopportare l’urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica. Pertanto,qualora le leggi antisismiche prescrivano particolari cautele tecniche da adottarsi, in ragione delle caratteristiche del territorio, nella sopraelevazione degli edifici, esse sono da considerarsi integrative dell’art. 1127, comma 2, c.c., e la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione che può essere vinta esclusivamente mediante la prova, incombente sull’autore della nuova fabbrica, che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia idonea a fronteggiare il rischio sismico.
Cass. Civ., Sez. 2, 29/01/2020, ordinanza n. 2000

Il limite delle condizioni statiche dell’edificio, cui l’art. 1127 c.c. sottopone il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano, è espressione di un divieto assoluto, al quale è possibile ovviare soltanto se, con il consenso unanime dei condòmini, il proprietario sia autorizzato all’esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo il fabbricato a sopportare il peso della nuova costruzione. Ne consegue che le condizioni statiche dell’edificio rappresentano un limite all’esistenza stessa del diritto di sopraelevazione, e non già l’oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio dello stesso, limite che si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione, il cui accertamento costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
Cass. Civ., Sez. 2, 29/01/2020, ordinanza n. 2000

La domanda azionata da un condomino in base al disposto dell’art. 1102 c.c., ed avente quale fine il ripristino dello “status quo ante” di una cosa comune illegittimamente alterata da altro condomino, ha natura reale, in quanto si fonda sull’accertamento dei limiti del diritto di comproprietà su un bene. Essa, dunque, rientra nel novero delle azioni relative ai diritti autodeterminati, individuati sulla base del bene che ne forma l’oggetto, nel senso che la relativa “causa petendi” s’identifica con lo stesso diritto di comproprietà sul bene comune. Ne consegue che non vi è diversità di domande, agli effetti degli artt. 183 e 345 c.p.c., ove a fondamento della domanda di rimozione delle opere si ponga dapprima il difetto della preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale e poi si deducano i generali criteri di cui all’art. 1102 c.c.; né incorre nel vizio di extrapetizione il giudice che, dedotta in lite l’illegittimità dell’uso particolare del bene comune, ex art. 1102 c.c., accolga la domanda ritenendo che l’opera arrechi pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio condominiale, trattandosi di limite legale compreso nel principio generale dettato da tale norma e che perciò deve guidare l’indagine giudiziale sulla verifica delle condizioni di liceità del mutamento d’uso.
Cass. Civ., Sez. 2, 29/01/2020, ordinanza n. 2002