SETTEMBRE
In tema di condominio negli edifici, un muro di recinzione e delimitazione di un giardino di proprietà esclusiva, pur inserito nella struttura del complesso immobiliare, non può di per sé ritenersi incluso fra le parti comuni, ai sensi dell’art. 1117 c.c., con le relative conseguenze in ordine all’onere delle spese di riparazione, atteso che tale bene, per sua natura destinato a svolgere funzione di contenimento di quel giardino e, quindi, a tutelare gli interessi del suo proprietario, può essere compreso fra le indicate cose condominiali solo ove ne risulti obiettivamente la diversa destinazione al necessario uso comune, ovvero qualora sussista un titolo negoziale (quale il regolamento condominiale o l’atto costitutivo del condominio) che consideri espressamente detto manufatto di proprietà comune, così convenzionalmente assimilandolo ai muri maestri ed alle facciate.
Cass. Civ., Sez. VI – II, 12/09/2018, ordinanza n. 22155
L’intercapedine esistente tra il piano di posa delle fondazioni di un edificio condominiale – che costituisce il suolo di esso – e la prima soletta del piano interrato, è parte comune dell’edificio, in quanto destinata all’aerazione o coibentazione del fabbricato, se non risulta diversamente dai titoli di acquisto delle singole proprietà, e anzi in quelli del piano terreno e seminterrato non è neppure menzionata tra i confini. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata nella parte in cui aveva ritenuto che l’area sottostante al pavimento del piano terreno dell’edificio non fosse ricompresa nell’ambito delle parti comuni dello stabile).
Cass. Civ., Sez. II, 25/09/2018, ordinanza n. 22720
La delibera dell’assemblea di condominio che privi il singolo partecipante dei propri diritti individuali su una parte comune dell’edificio, rendendola inservibile all’uso e al godimento dello stesso, integra un fatto potenzialmente idoneo ad arrecare danno al condòmino medesimo, il quale, lamentando la nullità della delibera, ha facoltà di chiedere la condanna al risarcimento del danno del condominio, quale centro di imputazione degli atti e delle attività compiute dalla collettività condominiale e delle relative conseguenze patrimoniali sfavorevoli. (Nella specie, il condominio, a seguito di delibera, aveva realizzato, nella comune corte interna dell’edificio, un ascensore che aveva ridotto la luce e l’aria dell’appartamento, posto al piano terra, della ricorrente e impedito a quest’ultima l’uso di una porzione rilevante della stessa corte).
Cass. Civ., Sez. II, 26/09/2018, n. 23076
La legittimazione passiva dell’amministratore del condominio, ex art. 1131, comma 2, c.c. non incontra limiti e sussiste – anche in ordine all’interposizione d’ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario – in relazione a ogni tipo d’azione, anche reale o possessoria, promossa da terzi o da un singolo condòmino nei confronti del condominio medesimo relativamente alle parti comuni dello stabile condominiale (tali dovendo estensivamente ritenersi anche quelle esterne, purché adibite all’uso comune di tutti i condòmini), trovando ragione nell’esigenza di facilitare l’evocazione in giudizio del condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condòmini. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che, negata la natura condominiale di un’area cortilizia, esterna al fabbricato ma adibita ad uso comune, aveva escluso la legittimazione passiva dell’amministratore rispetto a un’”actio negatoria” proposta da un condomino relativamente a tale area).
Cass. Civ., Sez. II, 26/09/2018, ordinanza n. 22911